Il lavoratore non può riprendere servizio prima della fine della malattia

Fonte:pensioni oggi - Scritto da  Giorgio Gori

Se non rettifica il certificato di prognosi il lavoratore andrà incontro alla sanzione amministrativa prevista per coloro risultano assenti in occasione delle visite fiscali.

Il lavoratore che rientra in servizio prima della data di fine prognosi contenuta nel certificato di malattia, senza aver provveduto a far rettificare la data di scadenza della prognosi, andrà incontro alla sanzione amministrativa prevista per coloro che risultano ingiustificatamente assenti alla visita fiscale. Lo comunica l'Inps nella Circolare 79/2017 pubblicata oggi dall'istituto di previdenza. Capita spesso, infatti, che il lavoratore a seguito di un accordo con il datore di lavoro torni in azienda prima della fine della prognosi di malattia indicata nel certificato medicato. Si tratta, ricorda l'Inps, di un comportamento scorretto ma ampiamente diffuso perchè crea evidenti difficoltà all’Inps, evidenziandosi un disallineamento tra la durata effettiva dell’evento e la certificazione prodotta.

Il mancato tempestivo aggiornamento della prognosi, inoltre, può indurre l’Istituto, in prima battuta, a ritenere che l’evento di malattia sia ancora in corso e, quindi, ad effettuare conseguentemente valutazioni di competenza non appropriate (inviando, ad esempio, inopportuni controlli domiciliari con derivanti oneri a carico dell’Istituto stesso) oltre al pagamento, ove ne ricorrano i requisiti, dell'indennità di malattia con conseguente necessità, per l’Istituto, di attivarsi per il recupero della quota non dovuta di prestazione. 

Per arginare tali effetti l'Inps comunica che nei casi in cui emerga, a seguito di assenza a visita di controllo domiciliare e/o ambulatoriale, la mancata o tardiva comunicazione della ripresa anticipata dell’attività lavorativa, verranno applicate, nei confronti del lavoratore, le sanzioni già previste per i casi di assenza ingiustificata a visita di controllo, nella misura normativamente stabilita per tali fattispecie. La sanzione, che nel caso di prima assenza è pari al 100% dell’indennità per un massimo di 10 giorni, sarà conteggiata dall’inizio della malattia fino al giorno precedente la ripresa dell’attività lavorativa perché quest’ultima viene considerata una dichiarazione “di fatto” della fine prognosi (avvenuta nella giornata immediatamente precedente) dell’evento certificato. Affinché la rettifica venga considerata tempestiva nei confronti dell'Inps, non è sufficiente che essa sia effettuata prima del termine della prognosi originariamente certificata, bensì è necessario che intervenga prima della ripresa anticipata dell’attività lavorativa. E va richiesta al medesimo medico che ha redatto il certificato, riportante una prognosi più lunga.

La rettifica è obbligo anche per il datore di lavoro

La rettifica del certificato di malattia, ricorda l'Inps, è peraltro preciso obbligo anche per il datore di lavoro. In presenza di un certificato con prognosi ancora in corso, il datore di lavoro non può, infatti, consentire al lavoratore la ripresa dell’attività lavorativa ai sensi della normativa sulla salute e sicurezza dei posti di lavoro. L’art. 2087 del codice civile impegna del resto il datore di lavoro ad adottare tutte le misure  necessarie a tutelare l’integrità fisica dei prestatori di lavoro e l’art. 20 del D.lgs. n. 81/2008 obbliga il lavoratore a prendersi cura della propria salute e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro. Ne consegue che il dipendente assente per malattia che, considerandosi guarito, intenda riprendere anticipatamente il lavoro rispetto alla prognosi formulata dal proprio medico curante potrà essere riammesso in servizio solo in presenza di un certificato medico di rettifica della prognosi originariamente indicata.