Permessi per assistere il familiare disabile senza abitare con lui
Per i congedi straordinari retribuiti per assistenza a familiari disabili è sufficiente la convivenza e non è necessaria la coabitazione.
FONTE:LEGGE PER TUTTI
Si possono ottenere dall’azienda i congedi straordinari retribuiti per assistenza a familiari disabili anche senza abitare insieme al soggetto con l’handicap. È sufficiente passare con quest’ultimo una determinata fascia oraria della giornata al fine di prendersene cura. Per il resto della giornata, così come per la notte, si può tornare a casa propria. Non commette pertanto il reato di truffa chi dice al datore di lavoro di assistere il familiare disabile senza abitare insieme a lui. Lo ha chiarito la Cassazione con una interessante sentenza pubblicata ieri [Cass. sent. n. 24470/17 del 17.05.2017.].
Un decreto legislativo del 2001 [Art. 42 d.lgs. n. 151/2001] ha previsto un congedo straordinario per i genitori di un figlio con handicap o per il coniuge «convivente» di un soggetto in situazione di gravità accertata. Il congedo non può superare la durata complessiva di due anni per ciascuna persona portatrice di handicap e nell’arco della vita lavorativa. Il congedo è accordato a condizione che la persona da assistere non sia ricoverata a tempo pieno, salvo che, in tal caso, sia richiesta dai sanitari la presenza del soggetto che presta assistenza. Il congedo non può essere riconosciuto a più di un lavoratore per l’assistenza alla stessa persona.
Il punto più delicato della questione è il concetto di «convivenza». È necessario convivere per rispettare il requisito richiesto dalla legge per i congedi straordinari? Secondo la corte la risposta è no: può usufruire dei permessi chi assiste il familiare disabile senza abitare insieme. Il concetto di «convivenza» infatti è diverso da quello di «coabitazione»: se la coabitazione richiede che entrambi i soggetti vivano costantemente sotto lo stesso tetto (e, quindi, ivi fissino il centro della propria vita privata, inteso anche come luogo ove dormire), la convivenza può essere invece limitata a singole fasce della giornata.
La Cassazione ha affermato in più occasioni che i due concetti non sono coincidenti; se così fosse si darebbe «un’interpretazione restrittiva della disposizione che, oltre che arbitraria, sembra andare contro il fine perseguito dalla norma di agevolare l’assistenza degli handicappati». «Sarebbe incomprensibile escludere dai suddetti benefici», prosegue la Corte, «il lavoratore che conviva costantemente, ma limitatamente ad una fascia oraria della giornata, con il familiare handicappato al fine di prestargli assistenza in un periodo di tempo in cui, altrimenti, di tale assistenza rimarrebbe privo».