Orario di lavoro e orario di servizio nella Pubblica Amministrazione
Fonte:legge per tutti
Pubblico impiego: orario di servizio e di lavoro, lavoro straordinario, ferie e festività.
L’orario di lavoro è la misura della prestazione lavorativa: è il periodo di tempo giornaliero durante il quale il dipendente assicura la propria prestazione nell’ambito del rapporto di servizio. Si tratta del cardine del contratto di lavoro, in quanto stabilisce la durata della prestazione lavorativa, svolgendo, al tempo stesso, una funzione di tutela dell’integrità psico-fisica del dipendente.
L’orario di servizio, invece, è il periodo di tempo giornaliero necessario per assicurare la funzionalità delle strutture degli uffici pubblici e l’erogazione dei servizi all’utenza.
l’orario di apertura al pubblico è, infine, il periodo di tempo giornaliero che, nell’ambito dell’orario di servizio, costituisce la fascia oraria di accesso ai servizi da parte dell’utenza (cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 31-1- 2012, n. 483).
L’organizzazione delle pubbliche amministrazioni deve ispirarsi, secondo quanto dispone l’art. 2, comma 1, lett. e), D.Lgs. 165/2001, al principio dell’armonizzazione degli orari di servizio e di apertura degli uffici con le esigenze dell’utenza e con gli orari delle amministrazioni europee.
L’orario di lavoro deve essere determinato sulla base dei seguenti criteri:
— ottimizzazione dell’impiego delle risorse umane;
— miglioramento della qualità delle prestazioni;
— ampliamento della fruibilità dei servizi da parte dell’utenza;
— miglioramento dei rapporti funzionali con altri uffici ed altre amministrazioni.
La contrattazione collettiva (1) è intervenuta in materia fissando a 36 ore settimanali l’orario ordinario di lavoro, con un orario giornaliero massimo di nove ore; l’orario si articola normalmente su 5 giorni, fatte salve le esigenze di servizi da erogarsi con continuità e che richiedono, quindi, orari continuativi o prestazioni per tutti i giorni della settimana. Massimo dopo sei ore continuative deve essere prevista una pausa non inferiore a 30 minuti. Le tipologie di orari di lavoro si differenziano tra loro, come emerge dallo schema che segue.
I tipi di orario lavorativo
– Orario articolato su cinque giorni: si attua con la prosecuzione della prestazione lavorativa nelle ore pomeridiane; le prestazioni pomeridiane possono avere durata e collocazione diversificata fino
al completamento dell’orario d’obbligo.
– Orario articolato su sei giorni: si svolge di norma per sei ore continuative antimeridiane.
– Orario flessibile: si realizza con la previsione di fasce temporali entro le quali sono consentiti l’inizio ed il termine della prestazione lavorativa giornaliera.
– Turnazioni: da attivare ai sensi dell’art. 12 del D.P.R. 266/1987, nel caso di attività i cui risultati non siano conseguibili mediante l’adozione di altre tipologie di orario.
– Orario plurisettimanale: consiste nel ricorso alla programmazione di calendari di lavoro plurisettimanali e annuali con orari superiori o inferiori alle trentasei ore settimanali nel rispetto del monte ore.
Qual è il presupposto per retribuire il lavoro straordinario?
Il lavoro straordinario è quello prestato oltre l’orario normale di lavoro. Esso va computato a parte e compensato con maggiorazioni retributive.
Nell’ambito del rapporto di pubblico impiego, il diritto al compenso per lavoro straordinario può essere riconosciuto solo in presenza di preventiva e formale autorizzazione. Infatti, l’erogazione del compenso per il lavoro straordinario presuppone, in via generale, una concreta verifica della sussistenza di ragioni di pubblico interesse, così da giustificare tale forma di prestazione eccedente il normale orario di servizio, anche nel rispetto dei limiti di spesa imposti alla P.A. (in tal senso, cfr. C.d.S., sez. V, 26-8-2013, n. 4268).
Ferie e festività
In base a quanto dispone l’art. 36 Cost., il lavoratore ha diritto a ferie annuali retribuite. Esse sono finalizzate al recupero delle energie psicofisiche investite nella prestazione lavorativa: si tratta, infatti, di un diritto irrinunciabile.
L’art. 2109 c.c., applicabile al pubblico impiego, attribuisce al dipendente un periodo annuale di ferie retribuito, possibilmente continuativo; in questo periodo (in genere, secondo la disciplina pattizia, 32 giorni, tranne per i neoassunti che nei primi 3 anni ne maturano 30) al dipendente spetta la normale retribuzione, esclusi i compensi per prestazioni di lavoro straordinario, le indennità connesse a particolari condizioni di lavoro e quelle che non siano corrisposte per dodici mensilità.
In caso di lavoro svolto su 5 giorni, il sabato è considerato non lavorativo e i giorni di ferie sono 28 (26 per i neoassunti).
A tutti i dipendenti sono attribuiti anche 4 giorni di riposo di cui usufruire nell’anno solare. Le ferie vanno fruite nel corso dell’anno solare, in periodi compatibili con le esigenze organizzative e tenendo conto delle richieste del dipendente; quando per esigenze indifferibili di servizio il dipendente non ha goduto delle ferie, queste ultime potranno essere comunque utilizzate entro il primo semestre dell’anno successivo.
Per quanto concerne le festività, invece, la contrattazione collettiva considera giorni festivi le domeniche e gli altri giorni riconosciuti come tali dallo Stato a tutti gli effetti civili, nonché la ricorrenza del Santo Patrono della località in cui il dipendente presta la sua opera.
Il giorno di riposo settimanale cade normalmente di domenica e non può essere inferiore a 24 ore consecutive.
Per i dipendenti delle chiese cristiane avventiste ed ebraiche è riconosciuto il diritto di fruire del riposo sabbatico sostitutivo di quello domenicale, ai sensi delle leggi di esecuzione delle intese raggiunte dallo Stato italiano con questi culti acattolici (art. 8 Cost.). In questo caso le ore lavorative non prestate il sabato sono recuperate la domenica o in altri giorni lavorativi senza diritto ad alcun compenso straordinario o maggiorazioni.
La giurisprudenza ha chiarito che la maturazione del diritto alle ferie non può essere impedita dalla sospensione del rapporto per malattia del lavoratore e che la stessa autonomia privata, nella determinazione della durata delle ferie, trova un limite insuperabile nella necessità di parificare ai periodi di servizio quelli di assenza del lavoratore per malattia (C.d.S., sez. VI, 23-7-2008, n. 3637).
Da tanto consegue anche il diritto del lavoratore all’indennità per ferie non godute (oltre interessi e rivalutazione monetaria) nel caso in cui l’interessato sia privo di piena autonomia ed insindacabilità nello stabilire quando collocarsi in ferie, e di sussistenza della prova della impossibilità a fruire del diritto alle ferie per causa non imputabile al medesimo dipendente, e, per converso, addebitabile ad obiettive esigenze di servizio ostative al relativo godimento.
Infatti, il diritto al compenso sostitutivo delle ferie non godute discende direttamente dal mancato godimento delle stesse e dal fatto che quest’ultimo non sia stato determinato dalla volontà unilaterale del dipendente; e ciò perché, in presenza di tali condizioni, il carattere indisponibile del diritto alle ferie, di cui all’art. 36 Cost., non esclude l’obbligo del datore di lavoro di corrispondere lo speciale compenso sostitutivo per le prestazioni effettivamente rese dal dipendente malgrado il divieto (T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 2-9-2013, n. n. 4142).