Telecamere di controllo sul lavoro: dove possono stare
Fonte:legge per tutti
Quando è legale controllare i dipendenti con impianti di videosorveglianza e telecamere installate sui luoghi di lavoro.
I dipendenti non possono essere controllati: a loro insaputa mai, se previamente informati solo se ciò serve per tutelare l’azienda o per altre esigenze produttive e previo accordo con i sindacati o autorizzazione dell’Ispettorato del lavoro. Questo principio non vale sempre: ci sono alcuni luoghi in cui le telecamere possono essere liberamente installate e le registrazioni utilizzate anche per licenziare. Uno di questi posti è il locale adibito alla mensa o in direzione dei distributori automatici di cibo. Lo ha chiarito una recente sentenza della Corte di Appello di Milano [1]. Per comprenderne appieno il significato facciamo un passo indietro e cerchiamo di capire dove possono stare le telecamere di controllo sul lavoro e quali autorizzazioni servono. Partiamo da un esempio.
Indice
1 La telecamera puntata sui distributori automatici 2 Quando le telecamere di controllo dei dipendenti sono legittime o 2.1 Avvisi ai lavoratori o 2.2 Posizionamento delle telecamere sul lavoro 3 Che succede se le telecamere non sono autorizzate 4 Dove possono stare le telecamere di controllo senza autorizzazione
La telecamera puntata sui distributori automatici
Immaginiamo un dipendente che, all’ora di pranzo, si rechi puntualmente presso il distributore automatico di merendine e bevande situato all’interno dell’azienda, in modo da acquistare del cibo e “spezzare” la giornata lavorativa. Senonché un collega gli ha suggerito un metodo per ottenere gratuitamente gli snack, manomettendo la macchina. L’escamotage dà i suoi frutti e il lavoratore riesce a mangiare a scrocco della ditta che fornisce i distributori. Quest’ultima se ne accorge e, per acciuffare il colpevole, installa delle telecamere di videosorveglianza, puntandole proprio contro l’apparecchio. La immagini rivelano la truffa e finiscono sul tavolo del datore di lavoro che, per tutta risposta, licenzia il dipendente. Il licenziamento viene prontamente impugnato: secondo l’interessato, infatti, le telecamere non erano segnalate; inoltre erano illegittime in quanto si trovavano sul luogo di lavoro senza essere state autorizzate dai sindacati. In ultimo, ammessa e non concessa la legittimità dell’installazione della videosorveglianza, le riprese potevano essere utilizzate tutt’al più dalla ditta titolare dei distributori automatici per sporgere un’eventuale querela, ma non anche dall’azienda per licenziare il colpevole. Chi ha ragione?
Quando le telecamere di controllo dei dipendenti sono legittime
Lo Statuto dei lavoratori [2] stabilisce che le telecamere sul luogo di lavoro non possono mai essere usate per controllare a distanza i dipendenti e verificare se e come questi lavorano. La loro
finalità può essere solo quella di tutelare la sicurezza del lavoro e l’integrità del patrimonio aziendale (ad esempio le telecamere anti taccheggio oppure quelle puntate contro un macchinario pericoloso che potrebbe determinare pericolo per i dipendenti) oppure per esigenze organizzative e produttive. Detto ciò, e solo se sussistono tali finalità, il datore di lavoro che voglia installare un sistema di videosorveglianza deve farlo previo accordo con le Rappresentanze Sindacali Aziendali (Rsa o Rsu).
Se manca l’accordo con le rappresentanze sindacali, il datore può farsi ugualmente autorizzare dall’Ispettorato del lavoro.
Avvisi ai lavoratori
Una volta ottenute le dovute autorizzazioni, il datore di lavoro che voglia usare le telecamere (per le finalità prima indicate) deve:
informare i lavoratori con appositi cartelli che avvisato della presenza delle telecamere; nominare un incaricato della gestione dei dati registrati dall’impianto di videosorveglianza in modo da tutelare la privacy di coloro che vengono ripresi; conservare le immagini raccolte solo per un massimo di 24 ore dalla rilevazione (salvo speciali esigenze).
Posizionamento delle telecamere sul lavoro
Nella domanda di autorizzazione vanno indicati le circostanze e le ragioni che rendono necessaria l’installazione di telecamere per motivi di sicurezza. Inoltre le telecamere devono avere spie luminose in modo da poter essere subito identificabili.
In merito a dove possono stare le telecamere di controllo queste possono essere installate solo verso le zone a rischio, evitando di collocarle in maniera unidirezionale sui lavoratori impegnati nella loro attività: si deve cioè trattare di in angoli dell’azienda potenzialmente dove è più probabile la possibilità di rapine o di attività criminali o di un pericolo per il personale, sempre tenendo conto della privacy dei dipendenti.
I dipendenti possono ben finire nell’occhio della telecamera mentre lavorano ma ciò solo in via occasionale e per tutelare la sicurezza aziendale e lo stesso dipendente.
Ultimo aspetto importante della disciplina: la visione dei filmati può essere consentita solo in presenza di eventuali reati, violazioni, furti, atti di vandalismo ecc. opportunamente e preventivamente denunciate all’autorità giudiziaria. In altre parole, il datore di lavoro non può, al termine della giornata lavorativa, guardare – quasi fosse un film – il contenuto delle riprese (perché ciò si riverserebbe in un controllo a distanza); può farlo solo se c’è stato un reato e ha prima sporto la denuncia-querela.
Che succede se le telecamere non sono autorizzate
Nel caso in cui, all’interno del posto di lavoro, vi siano telecamere la cui presenza non è stata concordata coi sindacati o autorizzata dall’Ispettorato, il datore di lavoro può essere denunciato penalmente per violazione della privacy [3]. Oltre che presso i carabinieri, il dipendente può anche rivolgersi (tramite un avvocato) al giudice del lavoro affinché condanni il comportamento illecito relativo al controllo a distanza.
In mancanza di accordo con le RSA/RSU, su richiesta del datore di lavoro, sarà l’Ispettorato provinciale del Lavoro a stabilire le modalità d’uso delle apparecchiature di controllo. In assenza di tali accorgimenti relativi all’utilizzo dei sistemi di controllo, la loro installazione deve ritenersi illegittima, in quanto contraria alla legge. In tali casi, il dipendente potrà rivolgersi sia al Giudice
del lavoro, sia al Giudice penale per chiedere che sia inibito al datore di lavoro di continuare ad utilizzare sistemi che consentano il controllo a distanza.
Dove possono stare le telecamere di controllo senza autorizzazione
Tornando all’esempio di partenza, secondo la corte di appello di Milano non c’è necessità di autorizzare la presenza di telecamere nella zona mensa o puntate contro i distributori automatici di merendine. Inoltre le riprese possono essere visionate e utilizzate dal datore per provvedimenti disciplinari. Risultato: il dipendente che manomette i distributori di bevande e ruba i soldi in essi contenuti può essere licenziato per giusta causa sulla base delle immagini video registrate da un impianto installato dalla società proprietaria dei distributori.
Secondo quanto stabilito in passato dalla Cassazione, l’autorizzazione dei sindacati o dell’Ispettorato del lavoro non è richiesta se l’impianto svolge funzione di tutela del patrimonio aziendale e da esso non deriva il controllo dell’attività lavorativa. Situazione che si è verificata in questo caso, dato che le telecamere inquadravano solo «l’area ristoro».
note
[1] C. App. Milano, sent. n. 1699/2017.
[2] Art. 4 Statuto dei lavoratori: «Impianti audiovisivi. (1)
1.-Gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali. In alternativa, nel caso di imprese con unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, tale accordo può essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In mancanza di accordo, gli impianti e gli strumenti di cui al primo periodo possono essere installati previa autorizzazione delle sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più sedi territoriali, della sede centrale dell’Ispettorato nazionale del lavoro. I provvedimenti di cui al terzo periodo sono definitivi. (2)
2.-La disposizione di cui al comma 1 non si applica agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze.
3.-Le informazioni raccolte ai sensi dei commi 1 e 2 sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
(1)Articolo così sostituito dall’art. 23, comma 1, D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 151, a decorrere dal 24 settembre 2015, ai sensi di quanto disposto dall’art. 43, comma 1 del medesimo D.Lgs. n. 151/2015.
(2)Comma così modificato dall’art. 5, comma 2, D.Lgs. 24 settembre 2016, n. 185, a decorrere dall’8 ottobre 2016, ai sensi di quanto disposto dall’art. 6, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 185/2016.
[3] Così Garante Privacy provv. del 29.04.2004: il Codice della Privacy (art. 114, d.lgs. n. 196/2003) richiama integralmente la disciplina dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori.
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